Corte Costituzionale: no all’iscrizione nel casellario giudiziale del reato di guida in stato di ebbrezza estinto – indice:
- Il casellario giudiziale
- L’estinzione del reato
- I giudizi a quibus
- Artt. 3 e 27 Cost.
- La disparità di trattamento
- La messa alla prova
- Il carattere rieducativo della pena
- Conclusioni
A censurare la disciplina del casellario giudiziale nella parte in cui non prevedeva la non iscrizione nel casellario giudiziale del reato di guida in stato di ebbrezza estinto per esito positivo dei lavori di pubblica utilità è stata la Corte Costituzionale con la recente sentenza n. 179/2020. Tale censura è avvenuta in seguito alle altre già operate con altre sentenze da parte della stessa Corte. Le sentenze vertevano sui reati estinti a seguito dell’esito positivo della messa alla prova, delle condanne per l’emissione di un decreto penale di condanna, o sui reati in cui la pena viene patteggiata.
In questi ultimi casi appena menzionati infatti la Corte era già stata interpellata. Salvo quelli in cui si era già prevista la non menzione nel casellario giudiziale delle condanne nelle norme del Testo Unico sul casellario giudiziale. Le questioni sollevate in particolare mettevano in dubbio la costituzionalità delle norme che mancavano di non prevedere l’iscrizione di tali provvedimenti nel casellario.
Con tale ultima significativa sentenza il Collegio, adito per la medesima questione, è giunto alla dichiarazione di incostituzionalità degli articoli 24 e 25 del Testo Unico sul casellario giudiziale. Tali norme infatti escludevano il reato di guida in stato di ebbrezza dai provvedimenti da non iscriversi nel casellario giudiziale. Si fa sempre riferimento al reato di guida in stato di ebbrezza che si è estinto per l’esito positivo dei lavori di pubblica utilità.
Il casellario giudiziale: cos’è
Prima di procedere con l’illustrazione dei giudizi che hanno portato a tale decisione del Collegio si illustra brevemente cos’è il casellario giudiziale. Per farlo è sufficiente fare riferimento alla normativa che lo disciplina. Si tratta del Testo Unico sul casellario giudiziale riprodotto nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 313/2002.
Tale decreto reca nei primi articoli le definizioni necessarie ad una più chiara individuazione del contenuto del decreto stesso. Ai sensi dell’articolo 2 infatti il casellario giudiziale è “il registro nazionale che contiene l’insieme dei dati relativi a provvedimenti giudiziari e amministrativi riferiti a soggetti determinati”.
Le norme successive si dedicano all’elencazione di tutti i provvedimenti iscrivibili nel casellario. Determinano inoltre l’iscrizione dei provvedimenti per estratto e i casi di eliminazione di tali provvedimenti.
Ciascun interessato può richiedere all’ufficio territoriale del casellario giudiziale un certificato dove sono riportati gli estratti dei provvedimenti relativi alla propria persona. Gli articoli 24 e 25 del Testo Unico sul casellario giudiziale in particolare elencano quali provvedimenti non devono essere iscritti nel casellario. Tali provvedimenti non devono essere riportati nel relativo certificato richiesto dall’interessato.
Fra le varie ipotesi le norme non prevedono il caso del reato di guida in stato di ebbrezza estinto per lavori di pubblica utilità.
L’estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza per lavori di pubblica utilità
Si ricorda che in luogo dell’esecuzione della pena a cui si viene condannati per il reato di guida in stato di ebbrezza è possibile lo svolgimento di lavori di pubblica utilità.
A stabilirlo è il comma 9-bis dell’articolo 186 del Codice della strada il quale stabilisce che “la pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, …”.
Tali lavori devono essere svolti secondo le modalità previste nel decreto e devono consistere “nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze”.
L’esito positivo del programma concordato tra i soggetti preposti allo svolgimento dei lavori di pubblica utilità è verificato dall’ufficio competente per la vigilanza. Successivamente alla verifica di tale regolarità il giudice può determinare l’estinzione del reato.
I giudizi che hanno portato la Corte Costituzionale a dichiarare l’incostituzionalità
Sono stati ben due i giudici che hanno sollevato la questione di costituzionalità. Questione relativa alla menzione nel certificato del casellario giudiziale richiesto dall’interessato del reato di guida in stato di ebbrezza estinto per esito positivo dei lavori di pubblica utilità. La Corte di Cassazione penale e il tribunale ordinario di Napoli rispettivamente nel 2019 e nel 2018.
In particolare, nel primo caso, il Giudice rimetteva alla Corte Costituzionale la decisione sul respingimento del ricorso di una donna. Il Tribunale di primo grado la aveva condannata per reato di guida in stato di ebbrezza. Ma tale reato successivamente si era estinto per l’esecuzione dei lavori di pubblica utilità. Con tale ricorso la donna faceva domanda di cancellazione dal certificato del casellario giudiziale ex artt. 24 e 25 del Testo Unico sul casellario giudiziale della sentenza del reato estinto.
Il secondo caso solleva la medesima questione. Ciò che segnalavano i due giudici era la violazione, da parte degli articoli 24 e 25 del Testo Unico sul casellario giudiziale, degli articoli 3 e 27 della Costituzione.
Le norme della costituzione violate
Risulta opportuno dunque, per comprendere meglio i ragionamenti della Corte Costituzionale che successivamente si esporranno, riportare il contenuto degli articoli 3 e 27 della Costituzione.
Per quanto concerne l’articolo 3, la violazione ad opera del Testo Unico sul casellario giudiziale si avrebbe con riguardo al secondo comma. Secondo tale disposizione “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
L’articolo 27 invece sarebbe violato nella parte in cui stabilisce il principio rieducativo della pena. “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato“.
La disparità di trattamento
Il giudice del primo giudizio in particolare lamenta la disparità di trattamento tra “i soggetti che beneficiano dei provvedimenti relativi all’art. 186 cod. strada, quando il reato sia stato dichiarato estinto per positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, e coloro che – aderendo o non opponendosi ad altri procedimenti, come il patteggiamento o il decreto penale di condanna […] – beneficiano già oggi della non menzione dei relativi provvedimenti nei certificati richiesti dai privati”.
La Corte Costituzionale opera un parallelo con il beneficio goduto dai soggetti che patteggiano la pena circa la non menzione del reato nel certificato del casellario giudiziale. Si esprime successivamente nei seguenti termini. “Dal momento che la declaratoria di estinzione del reato, prevista dall’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, consegue al compimento di una serie di condotte in favore della collettività, nell’ottica della risocializzazione dell’autore del reato, risulterebbe irragionevole escludere dal beneficio della non menzione tale categoria di provvedimenti, quando lo stesso beneficio è, invece, riconosciuto ex lege a chi si limiti a concordare l’applicazione di una pena in forza di un provvedimento sotto più aspetti equiparato a una sentenza di condanna”.
La sospensione condizionale della pena e il casellario giudiziale
Ad individuare un’ulteriore fattore che determinerebbe la disparità di trattamento e dunque la violazione dell’articolo 3 della Costituzione è lo stesso giudice della Cassazione. E il giudice Costituzionale lo riconosce e accoglie. Si tratterebbe della mancata menzione nei suddetti articoli 24 e 25 del Testo Unico sul casellario giudiziale dell’ipotesi di una ulteriore ipotesi di estinzione del reato. Quella di cui all’articolo 167, primo comma, del codice penale. Quando c’è ovvero sospensione condizionale della pena. Ipotesi esclusa dall’iscrizione nel certificato del casellario.
Il giudice costituzionale anche in questo caso condivide l’orientamento del giudice rimettente. Afferma infatti che “Ad avviso del giudice a quo, sarebbe ingiustificato il trattamento deteriore di chi abbia ottenuto l’estinzione del reato per aver positivamente svolto il lavoro sostitutivo rispetto a chi, avendo ottenuto la sospensione condizionale della pena, si limiti ad attendere il decorso del tempo necessario a determinare l’estinzione del reato”.
La non iscrizione nel casellario giudiziale dei provvedimenti sulla particolare tenuità del fatto e la disparità di trattamento
Il giudice ordinario di Napoli solleva un altro fattore determinante la disparità di trattamento con il reato di guida in stato di ebbrezza. Si tratterebbe dell’espressa previsione negli articoli 24 e 25 del Testo Unico della non iscrizione nel certificato dei provvedimenti giudiziari che dichiarano la non punibilità del fatto per particolare tenuità ex articolo 131-bis del codice penale.
La questione irragionevole sul punto sarebbe, secondo il giudice della Cassazione, che ” lo stesso fatto per il quale l’imputato chieda ed ottenga la conversione della pena nel lavoro di pubblica utilità potrebbe […] essere considerato di particolare tenuità dal giudice all’esito del processo – o anche prima di esso, ex art. 469 comma 1-bis codice di procedura penale – con la conseguenza che non ve ne sarebbe traccia nel casellario”.
Il richiamo della Corte Costituzionale alla precedente sentenza sulla messa alla prova
Il giudice costituzionale in particolare nel definire le ragioni dell’accoglimento delle questioni di costituzionalità richiama una precedente sentenza. Si tratta della n. 231/2018. In tale sentenza si sollevava la medesima questione con riferimento all’estinzione del reato per messa alla prova. Tale istituto non godeva della non menzione nel certificato del casellario al pari del reato di guida in stato di ebbrezza. Con la sentenza il Collegio era giunto a dichiarare l’incostituzionalità degli articoli 24 e 25 del testo unico sul casellario giudiziale. Relativamente alla messa alla prova e sempre con riferimento agli articoli 3 e 27 della costituzione
Dopo tale ripresa, riguardo al caso in esame, il collegio afferma allora che “Tali considerazioni valgono anche rispetto al lavoro di pubblica utilità, disposto quale sanzione sostitutiva per la contravvenzione di cui all’art. 186 cod. strada, che – proprio come la messa alla prova – comporta per il condannato un percorso che implica lo svolgimento di un’attività in favore della collettività, e dunque esprime una meritevolezza maggiore – in caso di svolgimento positivo dell’attività – rispetto a quella espressa da chi si limiti a concordare la propria pena con il pubblico ministero, ovvero non si opponga al decreto penale di condanna, beneficiando per ciò stesso della non menzione nei certificati del casellario richiesti dai privati”.
Il carattere rieducativo della pena: la violazione dell’articolo 27 della Costituzione
Il giudice a quo
Sulla violazione dell’articolo 27 della Costituzione, nella parte in cui afferma che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato, si era espresso il tribunale ordinario di Napoli. Richiamava a tal fine la precedente sentenza della Corte Costituzionale sulla messa alla prova.
Sostiene in particolare che le medesime considerazioni fatte dal giudice con riguardo a quell’istituto debbano valere anche per l’estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza con esito positivo dei lavori di pubblica utilità. Tali sono nella sentenza le parole del giudice a quo: “Infatti, una volta dichiarata l’estinzione del reato a seguito della prestazione del lavoro di pubblica utilità con finalità di emenda e risocializzazione, non si giustificherebbe più lo strascico pregiudizievole rappresentato dalla menzione del reato estinto nei certificati rilasciati dal casellario, allo stesso modo dell’esito positivo della prova ammessa ai sensi dell’art. 464-quater del codice di rito”.
Il giudice costituzionale
La Corte Costituzionale, accogliendo la doglianza del giudice ordinario, riconosce gli ostacoli posti dalle norme del Testo Unico. Ostacoli che si oppongono “al reinserimento sociale del soggetto che abbia ottenuto, e poi concluso con successo, lo svolgimento del lavoro sostitutivo, creandogli […] più che prevedibili difficoltà nell’accesso a nuove opportunità lavorative, senza che ciò possa ritenersi giustificato da ragioni plausibili di tutela di controinteressi costituzionalmente rilevanti”.
Nell’ottica rieducativa dell’istituto dei lavori di pubblica utilità, al pari della messa alla prova, la Corte pertanto afferma che “una volta che il reato si sia estinto per effetto del positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, che testimonia il percorso rieducativo compiuto dal condannato, la menzione nei certificati del casellario richiesti dall’interessato della vicenda processuale ormai definita contrasterebbe con la ratio della stessa dichiarazione di estinzione del reato...”. Tale dichiarazione infatti, a parere dei giudici, “comporta normalmente l’esclusione di ogni effetto pregiudizievole – anche in termini reputazionali – a carico di colui al quale il fatto di reato sia stato in precedenza ascritto“.
E conclude con le seguenti parole: “La menzione della condanna per il reato ormai estinto finirebbe, infatti, per creargli più che prevedibili difficoltà nell’accesso a nuove opportunità lavorative, senza che ciò possa ritenersi giustificato da ragioni plausibili di tutela di controinteressi costituzionalmente rilevanti“.
Conclusioni
La sentenza dunque termina con la dichiarazione di incostituzionalità:
- dell’articolo 24 del Testo Unico sul casellario giudiziale, nella sua formulazione successiva all’intervento del decreto legislativo 122/2018;
- e dell’articolo 25 dello stesso Testo Unico, in vigore prima delle modifiche introdotte dal suddetto decreto legislativo
nelle parti in cui non prevedono la non menzione nel certificato del casellario giudiziario di:
- sentenza di condanna per uno dei reati di cui all’art. 186 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) che sia stato dichiarato estinto in seguito al positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità;
- dell’ordinanza che dichiara l’estinzione del reato medesimo ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada.