Decreto penale di condanna – indice:
- Cos’è
- Come funziona
- Proscioglimento
- Opposizione parte offesa
- Ambito di applicazione
- Contenuto
- Pena
- Opposizione
- Impugnazione
Il decreto penale di condanna è il risultato processuale di un procedimento definito speciale. La specialità sta nel fatto che il procedimento non presenta due fasi fondamentali del processo ordinario: l’udienza preliminare e il dibattimento. La relativa disciplina è contenuta negli articoli 459 e seguenti del codice di procedura penale che andiamo ad approfondire in questa guida.
Cos’è il decreto penale di condanna
Originariamente previsto per i soli casi di reati perseguibili d’ufficio, il decreto penale di condanna è stato esteso anche ai reati perseguibili a querela nelle modalità previste all’articolo 459 del codice di procedura penale.
È un istituto processuale introdotto allo scopo di accelerare i tempi del processo, relativamente ad alcune ipotesi di reato, e dunque ad abbreviare i tempi di giustizia nel nostro ordinamento.
Si ottiene con un procedimento molto essenziale e veloce e, come abbiamo già accennato, senza la presenza delle parti e con l’emissione di un provvedimento da parte del giudice.
Sulla costituzionalità di tale impianto processuale è intervenuta la Corte di Cassazione nel 2003. Questa ha chiarito che tale disciplina non ostacola il diritto alla difesa delle parti bensì “è suscettibile di essere regolato in modo diverso per essere adattato alle esigenze delle specifiche caratteristiche dei singoli procedimenti, purché di tale diritto siano assicurati lo scopo e la funzione”.
Come funziona il decreto penale di condanna
Addentriamoci nella disciplina dettata dall’articolo 459 del codice di procedura penale.
Il decreto penale di condanna viene richiesto su iniziativa del pubblico ministero qualora ritenga applicabile solo una pena pecuniaria, anche eventualmente sostitutiva di una pena detentiva. La richiesta dev’essere motivata, indicare la misura della pena ed essere eseguita entro un certo termine. Quest’ultimo corrisponde ai sei mesi precedenti la data in cui il nome del colpevole di reato è stato iscritto nel registro di notizia dei reati e prima di aver depositato il relativo fascicolo. È posto infatti in capo al pubblico ministero l’obbligo di iscrivere tempestivamente il reato nell’apposito registro di notizia e contestualmente il nome dell’indagato, ai sensi dell’articolo 335 del codice di procedura penale.
Utilizzando questo tipo di procedimento, il pubblico ministero al termine delle indagini preliminari non deve comunicarne la conclusione all’indagato ai sensi dell’articolo 415-bis del codice di procedura penale, come previsto nel procedimento ordinario.
Il giudice può accogliere o rigettare la richiesta. Il giudice competente ad emettere il decreto è il giudice delle indagini preliminari, salvo la sua giurisdizione si trovi incompatibile ai sensi dell’articolo 34 del codice di procedura penale. Quando rigetta la domanda restituisce gli atti al pubblico ministero che può decidere di archiviare la notizia di reato. È fatto salvo il caso in cui il giudice emetta una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 del codice di procedura civile, di cui tratteremo nel prossimo paragrafo.
Il decreto penale di condanna viene reso noto solo al querelante, mentre ne rimane all’oscuro il soggetto indagato.
La sentenza di proscioglimento
Il giudice emette sentenza di proscioglimento quando l’accusa promossa dal pubblico ministero mediante procedimento con decreto risulta infondata per innocenza dell’indagato. La dottrina e la giurisprudenza sono in disaccordo sulla possibilità del pubblico ministero di poter mutare il capo d’imputazione.
Un orientamento consolidato risalente al 2005 ha ritenuto che il giudice debba restituire gli atti alla procura della repubblica e pronunciare una sentenza di assoluzione (articolo 530 codice di procedura penale) piuttosto che di proscioglimento quando le prove fornite dal pubblico ministero sono insufficienti o contraddittorie a sostenere la condanna.
L’opposizione della persona offesa
Nei reati perseguibili a querela, è data facoltà al querelante di opporsi al decreto penale di condanna dandone espressa comunicazione nella querela stessa. Si tratta di una tutela a vantaggio della persona offesa nei confronti della quale il decreto penale di condanna emesso nonostante l’opposizione sarebbe inammissibile.
Quando la persona offesa querela più soggetti può chiedere l’inammissibilità del rito speciale nei confronti di solo alcuni dei colpevoli, ritenendo opportuna l’applicazione del rito ordinario ai restanti.
Non può dirsi altrettanto nel caso in cui l’opposizione al decreto sia proposta da un solo soggetto facente parte di una molteplicità di soggetti lesi. Il decreto in questo caso non potrebbe essere emesso.
A quali reati si applica il decreto penale di condanna
L’ambito di applicazione del decreto penale di condanna è molto vasto. La procedura di emissione può essere intrapresa per i seguenti reati:
- quelli punibili con le pene pecuniarie dell’ammenda e della multa;
- quando c’è la pena alternativa dell’ammenda o della reclusione oppure dell’ammenda o dell’arresto;
- ai reati punibili con la pena della reclusione o dell’arresto;
- se è prevista la pena detentiva convertibile in pena pecuniaria.
Il pubblico ministero può, in fase di valutazione delle circostanze aggravanti e attenuati di cui all’articolo 69 del codice penale, applicare una pena ridotta fino alla metà rispetto al minimo edittale.
Il contenuto del decreto
L’articolo 460 del codice di procedura civile traccia i requisiti contenutistici del decreto in esame. Li riportiamo sommariamente:
- i dati identificativi dell’imputato;
- la contestazione dei fatti ad esso addebitati con i quali ha violato la legge;
- le ragioni che hanno portato il giudice ad emettere il decreto penale di condanna e quelle relative alla riduzione della pena sotto il minimo edittale, se così stabilito;
- il provvedimento giurisdizionale che riporta il contenuto della decisione;
- la segnalazione della possibilità per l’imputato o la persona civilmente obbligata alla pena pecuniaria di opporsi al decreto nei 15 giorni successivi la sua emanazione;
- l’avviso che, opponendosi, l’imputato può chiedere il giudizio immediato, abbreviato o l’applicazione di una sanzione, una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, o una pena detentiva a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale;
- l’avvertimento ai soggetti suddetti che il decreto diviene esecutivo in caso di mancata opposizione;
- la possibilità di farsi difendere;
- la data e la sottoscrizione del giudice e di chi eventualmente lo assiste. In mancanza di questi due elementi il decreto viene considerato inesistente.
Il decreto così formulato viene recapitato, in copia, al pubblico ministero il quale ne darà notizia al condannato, al difensore d’ufficio o al difensore di fiducia eventualmente nominato nonché al soggetto civilmente obbligato alla pena pecuniaria. La mancata individuazione di un difensore di fiducia o d’ufficio potrebbe comportare la nullità assoluta del decreto secondo alcuni, sanabile con opposizione secondo altri.
Se la notifica del decreto risulta impossibile perché l’imputato non si rende reperibile il giudice revoca il decreto e restituisce gli atti al ministero ai sensi del comma 4. In che senso l’imputato non è reperibile? L’irreperibilità è intesa nel senso che il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’articolo 161 del codice di procedura penale non è più idoneo.
La pena applicabile con il decreto
Il secondo comma dell’articolo 460 del codice di procedura penale afferma che il giudice deve applicare la pena nella misura richiesta dal pubblico ministero. Lo stesso può tuttavia rifiutare l’accoglimento del procedimento per decreto e restituire gli atti al pubblico ministero quando ritenga la suddetta pena proposta sproporzionata in eccesso o in difetto rispetto al reato.
Il rifiuto della richiesta è valido anche nel caso di singoli reati in concorso formale o in continuazione fra loro.
La norma inoltre afferma che il giudice può “ordina la confisca, nei casi previsti dall’articolo 240, secondo comma, del codice penale, o la restituzione delle cose sequestrate”. È discussa in giurisprudenza la possibilità per il giudice di disporre la confisca del veicolo con decreto penale di condanna. Ciò in quanto, come sostenuto dalle Sezioni Unite nel 2010, si tratterebbe di una sanzione penale accessoria. Così qualificata la confisca, il decreto penale penale di condanna non potrebbe disporla, ponendosi in contrasto con il quinto comma dell’articolo 460 di cui sopra, che ritiene l’inapplicabilità di pene accessorie con il decreto penale di condanna. In senso contrario e prevalente, la qualificazione della confisca come pena patrimoniale principale, ne consentirebbe l’applicazione da parte del giudice.
L’opposizione al decreto penale di condanna
Conclusa la fase delle indagini preliminari e dopo lo svolgimento dell’azione penale, è riconosciuta all’imputato la possibilità di opporsi al decreto. Si instaura così un altro contraddittorio con cui l’imputato chiede di riesaminare il merito della causa nel primo grado di giudizio.
Vediamo come avviene l’opposizione, riproducendo schematicamente il procedimento decritto all’articolo 461 del codice di procedura penale:
- l’opposizione può essere proposta dall’imputato o dalla persona civilmente obbligata alla pena pecuniaria, anche tramite il difensore eventualmente nominato;
- deve essere proposta entro 15 giorni dalla data della notifica del decreto. Se i condannati sono più di uno il termine decorre dalla data di notifica al singolo imputato e non dalla data dell’ultima ricevuta;
- può effettuare una dichiarazione e depositarla presso la cancelleria del giudice delle indagini preliminari o nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo dove si trova.
Per quanto riguarda il contenuto e la forma dell’opposizione la dichiarazione deve contenere a pena di inammissibilità:
- gli estremi del decreto di condanna;
- la data dello stesso;
- l’indicazione del giudice che lo ha emesso.
Tali requisiti sono richiesti per consentire l’identificazione rapida e certa del provvedimento.
Opposizione al decreto e impugnazione
L’opposizione prevista all’articolo 461 è l’unico strumento di resistenza al decreto penale di condanna. Non è ammesso infatti il ricorso per Cassazione, né tanto meno la sua conversione nell’opposizione di cui si discute.
È un mezzo ordinario di impugnazione che pertanto è sottoposto ai principi generali in materia di impugnazioni. Fra di queste troviamo:
- le ipotesi di inammissibilità delle forme di impugnazione. Nel caso dunque vi siano delle ragioni di inammissibilità ai sensi del comma 4, ovvero per mancanza dei requisiti formali o per proposizione fuori termine o da persona non legittimata, tali ragioni concorrono con quelle previste all’articolo 591 del codice di procedura penale.
- la possibilità di presentare l’impugnazione tramite altro soggetto incaricato (articolo 582, primo comma, codice di procedura penale)
- le modalità con cui si procede all’impugnazione, ovvero a mezzo di raccomandata postale, deposito in cancelleria e nei termini previsti all’articolo 585 codice di procedura penale.
L’imputato può rinunciare a proporre opposizione nelle forme previste dall’articolo 589 del codice di procedura penale entro l’apertura del dibattimento. Se la rinuncia avviene successivamente, siamo in un caso di inammissibilità dell’opposizione e il decreto penale diventa irrevocabile. Qualora, tuttavia, l’imputato rinunci all’opposizione o questa sia dichiarata inammissibile, “il giudice che ha emesso il decreto di condanna ne ordina l’esecuzione” ai sensi del quinto comma dell’articolo 461.
Il sesto comma dell’articolo 461 afferma che “contro l’ordinanza di inammissibilità l’opponente può proporre ricorso per cassazione”. Con tale ricorso l’opponente può soltanto contestare eventuali vizi dei presupposti e dei requisiti dell’ordinanza che determinino una nullità assoluta o portino ad una sentenza di assoluzione o impediscano di procedere ai sensi dell’articolo 129 del codice di procedura penale.
L’organo competente a pronunciarsi sull’ammissibilità dell’opposizione può essere il giudice delle indagini preliminari ma anche al giudice investito del giudizio di opposizione.