Mancato avviso del diritto alla difesa – indice:
- Diritto alla difesa
- Articoli 114 disp. att. cpp e 356 cpp
- Conseguenze mancato avviso
- Nullità mancato avviso
- Avviso di deposito
- Patteggiamento
In fase di accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza l’indagato ha diritto ad essere informato che può farsi assistere da un difensore di fiducia. Tale fase è successiva alle attività di accertamento preliminare che si svolgono nel luogo dove il personale della polizia stradale ha fermato il soggetto. Durante lo svolgimento, infatti, l’attività posta in essere dagli organi di polizia stradale è da ricondursi agli atti urgenti e indifferibili di cui all’articolo 354, comma 3, del codice di procedura penale. Ma come comportarsi se gli accertamenti si svolgono senza il preventivo avvertimento di poter essere assistiti da un difensore di fiducia?
Il diritto alla difesa nella fase delle indagini
Sappiamo già che nel momento in cui un soggetto viene fermato dal personale della polizia stradale viene sottoposto ad accertamenti preliminari non invasivi. Solo quando questi risultano positivi, le autorità possono procedere all’effettuazione di ulteriori controlli specifici. È ad esempio il caso dell’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
Prima di procedere a questi, tuttavia, il personale suddetto deve attenersi a determinate formalità fra cui quella di redigere un verbale. In questo devono essere annotati:
- i motivi che hanno dato luogo allo svolgimento degli accertamenti preliminari;
- l’esito di questi;
- l’avviso all’indagato della possibilità di farsi assistere da un difensore di fiducia durante la fase di accertamento successiva.
Queste sono le indicazioni contenute nella circolare numero 300 del 2005 del Ministero dell’Interno agli organi della polizia stradale.
La Cassazione penale con sentenza numero 23697 del 2016 invece ha sostenuto che l’obbligo di avvisare l’indagato della sua facoltà di farsi difendere non richiede particolari formalità per essere assolta. L’unica accortezza è che la comunicazione sia idonea ad “avvisare colui che non possiede conoscenze tecnico-processuali del fatto che, tra i propri diritti, vi è la facoltà di nominare un difensore che lo assista durante l’atto”.
Gli articoli 114 delle disposizioni attuative al codice di procedura penale e 356 del codice di procedura penale
In base a quanto stabilito dalla sopra citata circolare, la comunicazione all’indagato del suo diritto alla difesa deve fare espressamente richiamo all’articolo 114 delle disposizioni attuative al codice di procedura penale. Secondo questo “nel procedere al compimento degli atti indicati nell’articolo 356 del codice, la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia”.
La persona indagata deve dunque ricevere uno specifico avviso scritto prima di poter essere sottoposta ad accertamenti più approfonditi rispetto a quelli preliminari. Non si ritiene sufficiente la sola richiesta di nomina del difensore di fiducia quale tutela del diritto alla difesa.
Il diritto alla difesa di cui all’articolo 144 delle disposizioni attuative di cui sopra va abbinato all’articolo 356 del codice di procedura penale. Riportiamo quanto questo recita: “Il difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini ha facoltà di assistere, senza diritto di essere preventivamente avvisato, agli atti previsti dagli articoli 352 e 354 oltre che all’immediata apertura del plico autorizzata dal pubblico ministero a norma dell’articolo 353 comma 2”.
Il difensore, dunque, ha il diritto di assistere l’indagato durante la fase delle indagini ma la sua non immediata presenza non impedisce l’inizio degli accertamenti. Tale disposizione è coerente al fatto che gli accertamenti devono essere intrapresi con una certa rapidità. Lo scorrere del tempo dal momento dell’assunzione delle sostanze alcoliche o stupefacenti, infatti, compromette l’esito degli stessi.
Le conseguenze del mancato avviso del diritto alla difesa
Veniamo ora al nocciolo dell’approfondimento, ovvero alle conseguenze di un diritto alla difesa non comunicato. C’è per certo l’inottemperanza all’articolo 114 delle disposizioni attuative al codice di procedura penale. La fattispecie si colloca nell’ipotesi di cui alla lettera c) dell’articolo 178 del codice di procedura penale sulla nullità di ordine generale. La norma ritiene sempre nullo l’atto posto in essere senza l’osservanza delle disposizioni concernenti “l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e delle altre parti private...”.
Quindi possiamo affermare che, quando l’indagato non viene informato della possibilità di farsi assistere da un difensore di fiducia, l’accertamento effettuato è nullo. La nullità in particolare è, secondo la giurisprudenza consolidata, “una nullità di ordine generale, non assoluta, ma a regime cosiddetto intermedio”.Non rientra infatti in alcuno dei casi previsti dall’articolo 179 del codice di procedura penale sulle nullità assolute.
Come eccepire la nullità in caso di mancato avviso del diritto alla difesa
La nullità, ai sensi dell’articolo 182 del codice di procedura penale deve essere eccepita entro un certo termine dalla parte che vi assiste. In particolare, prima del compimento dell’atto oppure, se non possibile, immediatamente dopo.
La “parte che vi assiste”, come recita la norma, può essere l’indagato o il difensore. Il primo, tuttavia, difficilmente sarebbe conscio del fatto che l’omessa comunicazione del suo diritto a difendersi comporterebbe una nullità se non accidentalmente. Pertanto si ritiene che la parte che vi assiste sia il difensore. Di questo parere è la Cassazione espressasi in tal senso nella sentenza numero 39060 del 2009. .
Ai sensi dell’articolo 180 del codice di procedura penale è ammessa anche l’eccezione di nullità d’ufficio da parte del giudice non oltre il primo grado di giudizio o nel grado successivo a quello in cui la nullità si verifica.
La parte che vi assiste sottolineiamo deve eccepire la nullità immediatamente rispetto al compimento dell’atto. La Suprema Corte tuttavia, con sentenza numero 13935 del 2008, ha ammesso la possibilità di dedurla non solo con un atto specifico di intervento della parte o del difensore, bensì con il deposito di una memoria difensiva ai sensi dell’articolo 121 del codice di procedura penale.
L’eccezione di nullità dunque può essere sollevata anche al di fuori di specifici atti in ogni stato e grado del giudizio. La Corte, pertanto, ritiene che la nullità è sanata se non rilevata prima del compimento dell’atto o, se ciò non era possibile, subito dopo mediante il deposito di memorie o richieste. L’attesa ad eccepirla in uno stadio successivo del procedimento sanerebbe la nullità.
L’avviso di deposito e il mancato avviso del diritto alla difesa
Un’altra questione rilevante ai fini del diritto alla difesa è quanto dispone l’articolo 366 del codice di procedura penale. Questo afferma che “i verbali degli atti compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria ai quali il difensore ha diritto di assistere, sono depositati nella segreteria del pubblico ministero entro il terzo giorno successivo al compimento dell’atto, con facoltà per il difensore di esaminarli ed estrarne copia nei cinque giorni successivi”.
Quello che a noi interessa è il periodo successivo in cui la norma recita che “quando non è stato dato avviso del compimento dell’atto, al difensore è immediatamente notificato l’avviso di deposito e il termine decorre dal ricevimento della notificazione”. Anche la circolare numero 300 del dicembre 2005 agli organi della polizia stradale insiste in tal senso.
La giurisprudenza prevalente tuttavia esclude l’obbligo per il difensore che pone in essere uno o più atti indifferibili e urgenti (quelli previsti dall’articolo 354 codice di procedura penale) di depositarli. L’esclusione deriva da due fattori:
- si tratta di atti ai quali il difensore ha diritto di assistere senza esserne avvisato;
- l’effettuazione di questi non richiede necessariamente la nomina di un difensore d’ufficio.
L’unico obbligo che sorge in capo all’organo di polizia accertante è quello di comunicare all’indagata il suo diritto alla difesa. L’iniziativa a conoscere l’avvenuta nomina di un difensore di fiducia o a nominarne uno d’ufficio non compete al pubblico ufficiale e pertanto la giurisprudenza ritiene che non vi sia l’obbligo né di depositare i verbali né di comunicare, ovviamente, l’avviso del deposito.
Mancato avviso del diritto alla difesa e patteggiamento
Ci sembra opportuno richiamare nell’approfondimento una recente sentenza della Cassazione, sezione penale, numero 10081 del 2019. Questa chiarisce il regime della nullità quando le parti chiedano l’applicazione concordata della pena, anche definita patteggiamento.
La Corte è ferma nel sostenere che la richiesta di patteggiamento esclude la volontà di eccepire qualsiasi tipo di nullità. Ciò sia che si tratti di nullità intermedia come nel caso di specie, o di nullità assoluta e sia che essa derivi o meno dal rifiuto di sottoporsi all’accertamento.
Sul punto inoltre l’opinione dell’organo giudicante è pacifica nel ritenere che l’avvertimento alla facoltà di poter essere difeso dell’imputato vada dato prima di sottoporlo all’esame accertativo. Prima, dunque, che l’indagato possa esprimere il rifiuto.
Pertanto il giudice investito della richiesta di applicare la pena su accordo delle parti non può dedurre la nullità derivante dal mancato avviso del diritto alla difesa quando è stata fatta richiesta di patteggiamento. Questa infatti è idonea a sanare la nullità in questione.[/column]