Come cancellare i precedenti di polizia – indice:
- Il Centro elaborazione dati
- I precedenti di polizia
- L’accesso al C.E.D.
- La tutela della privacy
- Il tempo di conservazione dei dati
- Come cancellare i precedenti di polizia
Non solo a seguito di una condanna penale si subiscono effetti e conseguenze che possono pregiudicare il proprio futuro ma anche in caso della sola sottoposizione ad un procedimento penale con esito diverso dalla condanna. La condanna infatti ha come effetto l’iscrizione del reato nel certificato del casellario giudiziale della persona. La sola sottoposizione ad un processo oppure un esito diverso dalla condanna o ancora un procedimento che porta all’estinzione del reato possono comunque avere degli effetti pregiudizievoli per il futuro.
È istituito infatti presso il Ministero dell’Interno un database chiamato C.E.D. che raccoglie innumerevoli informazioni sulle persone coinvolte nell’attività della polizia giudiziaria e sui procedimenti a loro carico. Tali dati sono quelli che comunemente vengono chiamati “precedenti di polizia” e che possono creare disagi qualora restino impressi presso il database della Polizia. Questi dati tuttavia non vengono sempre aggiornati come dovrebbe essere. O meglio, subiscono dei termini di conservazione, decorsi i quali è possibile richiedere la cancellazione dei dati dal database. L’approfondimento vuole offrire una breve guida su come cancellare i precedenti di polizia dalla banca dati C.E.D. del Ministero dell’Interno.
Cos’è il C.E.D (Centro elaborazione dati)
Si abbrevia C.E.D e si tratta del Centro di elaborazione dati istituito presso il Dipartimento di Pubblica sicurezza del Ministero dell’interno. La legge istitutiva di tale sistema è la legge 121/1981, in particolare l’articolo 8. La finalità per cui il legislatore ha introdotto tale sistema è la raccolta, l’elaborazione e la conservazione in archivi magnetici di informazioni e dati che sono così condivisi e resi accessibili a più soggetti della pubblica amministrazione.
Nel corso delle attività di prevenzione e repressione dei reati ovvero nel corso di attività amministrative le forze dell’ordine devono inserire nel C.E.D. quanto acquisito durante l’attività. Così detta la legge 128/2001 modificativa delle norme poste a tutela della sicurezza pubblica.
Quali sono i dati raccolti nel C.E.D.
L’articolo 7 della legge 121/1981 stabilisce che i dati acquisiti dalla Polizia devono necessariamente risultare da:
- documenti conservati dalla pubblica amministrazione o enti pubblici;
- sentenze o provvedimenti dell’autorità giudiziaria;
- indagini di polizia.
Si tenga presente pertanto la quantità e la delicatezza dei dati che sono conservati in questo database. Per tale ragione, come si vedrà nei paragrafi successivi, il C.E.D. è sottoposto all’attività di controllo del Garante della protezione dei dati personali. Per citare un esempio l’attività preliminare di comunicazione della notizia di reato al pubblico ministero è un dato che passa per l’archivio C.E.D. e li rimane impresso fino ad un successivo aggiornamento.
Chi può accedere ai dati contenuti nel C.E.D.
L’articolo 9 della legge 121/1981 ai primi due commi elenca i soggetti che possono accedere ai dati del C.E.D. Si tratta in particolare di:
- gli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti alle forze di polizia;
- gli ufficiali di pubblica sicurezza e i funzionari dei servizi di sicurezza;
- l’autorità giudiziaria ai fini degli accertamenti necessari per i procedimenti in corso e nei limiti stabiliti dal codice di procedura penale;
- gli agenti di polizia giudiziaria delle forze di polizia debitamente autorizzati.
I dati che entrano nel C.E.D. sono consultabili non solo dagli organi che li hanno attivamente registrati ma anche da tutti gli altri soggetti autorizzati all’accesso in un’ottica di semplificazione dell’attività del personale di polizia e del coordinamento degli uffici.
La platea di soggetti che può accedere al database tuttavia è stata ampliata nel tempo come è stata ampliata la categoria di informazione e documenti che possono essere registrati nel C.E.D. Si rende pertanto sempre più necessario sapere come funziona il C.E.D. e come cancellare i precedenti di polizia dallo stesso per evitare di subire pregiudizi e limitazioni ingiustificate.
Garante della protezione dei dati personali e tutela della privacy
Come già accennato prima il Centro di elaborazione dati raccoglie una vasta quantità di informazioni e di dati relativi ai cittadini. Per questo motivo è sottoposto alla vigilanza e al controllo del Garante per la protezione dei dati personali. Lo stabilisce l’articolo 10 della legge 121/1981. Il legislatore ha dovuto bilanciare l’interesse collettivo alla tutela della pubblica sicurezza e l’interesse del singolo individuo alla protezione dei propri dati. Tali interessi infatti devono coesistere senza entrare in contrasto.
Nel 2003, con il Testo Unico sulla Privacy, è stata modificata la legge istitutiva del C.E.D. con riguardo in particolare all’utilizzo dei dati contenuti nel C.E.D. e il loro utilizzo nei procedimenti giudiziari. Ai sensi del secondo comma dell’articolo 10 della suddetta legge: “I dati e le informazioni conservati negli archivi del Centro possono essere utilizzati in procedimenti giudiziari o amministrativi soltanto attraverso l’acquisizione delle fonti originarie indicate nel primo comma dell’articolo 7, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 240 del codice di procedura penale”.
Prima della riformulazione della norma come sopra riportata le autorità giudiziarie potevano consultare i dati contenuti nel C.E.D ed utilizzarli come fonti di prova nei processi. Con tale utilizzo prescindente da un contraddittorio fra le parti veniva leso il diritto alla difesa contenuto nella costituzione.
Sapere quanto restano registrati i dati nel C.E.D è importante per capire come cancellare i precedenti di polizia
I precedenti di polizia possono essere cancellati, ovvero modificati o integrati, dal database del C.E.D. Per la cancellazione tuttavia è necessario siano decorsi dei termini individuati dalla legge.
Il decreto legislativo 196/2003 al titolo secondo disciplina il trattamento dei dati personali da parte delle forze di polizia. L’articolo 54 di tale raccolta normativa, al terzo comma, assicura “l’aggiornamento periodico e la pertinenza e non eccedenza dei dati personali trattati anche attraverso interrogazioni autorizzate del casellario giudiziale e del casellario dei carichi pendenti del Ministero della giustizia...”. Così come è dettato anche nel più recente decreto legislativo 51/2018 in materia di protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati.
I dati devono essere trattati dalle forze di polizie secondo un’altra normativa cui demanda il legislatore del 2003. Si tratta del D.P.R 15/2018 emanato in attuazione della disposizione contenuta all’articolo 57, primo comma, del decreto legislativo 196/2003. Tale decreto prevede che i dati possano essere conservati per un “periodo di tempo non superiore a quello necessario per il conseguimento delle finalità di polizia”. Successivamente nella stessa norma, ovvero l’articolo 10 di tale D.P.R. sono stabiliti i termini di conservazione dei dati per categorie. Tali termini variano dai 3, 5, 8, 15, 20, 25 fino ad un massimo di 30 anni.
La sentenza n. 21362/2018
A tal proposito è significativo segnalare la sentenza della Corte di Cassazione n. 21362 del 2018.
La Corte di Cassazione, in applicazione della suddetta norma sui termini di conservazione, ha rigettato il ricorso di un soggetto che chiedeva la cancellazione di precedenti di polizia dal C.E.D prima della scadenza dei termini previsti. La domanda di cancellazione si giustificava sull’intervento di una sentenza di archiviazione di un procedimento penale a suo carico. I giudici hanno confermato che il termine di conservazione dei dati di quella specie è di 20 anni dal provvedimento di archiviazione. Contestualmente nega al richiedente la cancellazione degli stessi dal C.E.D. non essendo trascorso tale termine. L’unica nota positiva a favore del ricorrente riguarda la garanzia di accesso a tali dati soltanto da parte degli operatori abilitati a partire dalla metà del tempo stabilito dalla legge.
Come cancellare i precedenti di polizia dal C.E.D.
Secondo l’articolo 10 della legge 121/1981 “La persona alla quale si riferiscono i dati può chiedere all’ufficio di cui alla lettera c) del primo comma dell’articolo 5 la conferma dell’esistenza di dati personali che lo riguardano, la loro comunicazione in forma intellegibile e, se i dati risultano trattati in violazione di vigenti disposizioni di legge o di regolamento, la loro cancellazione o trasformazione in forma anonima“.
A prescindere dalle ipotesi di richiesta, è fatto obbligo agli organi di Polizia di aggiornare il C.E.D. ogni qualvolta ciò si renda necessario. Ciò accade ad esempio quando il cittadino indagato imputato viene assolto oppure nei casi di estinzione della condanna per guida in stato di ebbrezza ovvero quando il cittadino ha estinto il reato ad esempio mediante un patteggiamento. In realtà spesso tale aggiornamento automatico non avviene. Al fine di evitare pregiudizi, pertanto, è necessario fare istanza di aggiornamento o di cancellazione dei precedenti di polizia.
Il soggetto a cui carico sono registrati dei dati nel CED della polizia di stato pertanto può:
- chiedere l’aggiornamento o l’integrazione dei dati qualora non sia trascorso il termine di conservazione previsto dalla legge;
- fare istanza di cancellazione dei dati se trascorso il suddetto termine.
Per farlo è necessario inviare un’istanza debitamente documentata e motivata al Ministero dell’Interno tramite Posta elettronica certificata (PEC). All’istanza devono essere allegati il documento d’identità, la nomina del difensore di fiducia e il documento che giustifica la cancellazione dei dati.
Rivolgendosi al proprio legale di fiducia pertanto è possibile cancellare i precedenti di polizia. Si comunica direttamente con il Ministero dell’Interno presso il quale è istituito e gestito il Centro di elaborazione dati inoltrando la suddetta istanza. Entro 30 giorni dalla richiesta l’ufficio del Ministero dedicato risponde con le determinazioni adottate.